Lungolago Bracciano: istruzioni per l’uso (non disponibili)

  • 13 Giugno 2025
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Bracciano – In teoria, l’estate dovrebbe essere il momento in cui le città si spogliano della burocrazia e si vestono di ospitalità. In pratica, invece, il lungolago si è ritrovato vestito con il giallo delle transenne, il beige polveroso del cantiere e quel grigio indefinibile tipico delle decisioni prese senza calendario alla mano.

Si potrebbe parlare di “lavori in corso”, se non fosse che il concetto di “corso” implichi un minimo di movimento. Qui, più che di cantieri, si dovrebbe parlare di installazioni permanenti sull’attesa, con il fascino dell’incompiuto e la funzionalità di un ombrellone a gennaio.

Alta stagione, bassa lungimiranza

Non si pretendeva un intervento perfetto, ma almeno un’idea di tempismo. Invece, mentre la stagione balneare prendeva vita, si è dato il via a un’operazione chirurgica sul tessuto urbano, senza anestesia e a cuore aperto. Nessuna urgenza strutturale apparente, nessuna emergenza dichiarata: solo la classica finestra temporale che, per qualche ragione misteriosa, risulta sempre aperta quando sarebbe meglio chiuderla.

A perderci, come spesso accade, non è chi decide, ma chi lavora nel mezzo. Attività che vivono di affacci, passaggi e accessi diventano improvvisamente isole in un arcipelago di deviazioni, costrette a navigare controcorrente in un mare di segnaletica provvisoria.

La teoria dell’equità asimmetrica

Alcuni tratti del lungolago, inspiegabilmente, restano aperti pur ospitando lavori futuri. Altri, chiusi con largo anticipo per motivi non meglio definiti. A qualcuno viene tolto, a qualcun altro assegnato. Tutto secondo un principio di casualità selettiva, quella che si muove sempre tra le pieghe del regolamento ma che raramente si riflette nella realtà con simmetria.

Si parla tanto di rigenerazione urbana, ma si assiste a una rigenerazione selettiva, dove i luoghi vengono tolti dalla disponibilità pubblica con motivazioni private e riassegnati senza alcuna narrazione coerente. E mentre si promette un lungolago pedonale e accogliente, ci si ritrova con un paradosso urbanistico in cui l’unico vero esercizio fisico è quello della pazienza.

La palafitta e il rumore dell’assenza

Nel silenzio, a pesare più del rumore dei lavori, è l’assenza. C’è una palafitta che non c’è più. Non per crollo, ma per decisione a monte, di quelle che arrivano con la forza delle cose che non si discutono. Non è stata sostituita, non è stata comunicata, non è stata nemmeno realmente spiegata. Solo spenta. Eppure sotto di essa, in un curioso gioco di incastri, la spiaggia ha cambiato voce. Come se le coordinate di un luogo potessero perdere identità a colpi di protocollo.


Conclusione

L’estate a Bracciano resta bella, ma la bellezza da sola non basta se non è supportata da visione, misura, ascolto. La gestione degli spazi pubblici non è solo una questione tecnica, ma culturale. E quando si scambia il territorio per un tavolo da gioco, il conto non lo paga mai chi muove le pedine.

Nel frattempo, chi lavora — chi davvero lavora — resiste. In silenzio, certo. Ma non smette di osservare.

Si ringrazia per la foto la pagina Facebook C’era una volta Bracciano e il suo post.